Mobbing: alcune istruzioni per l’uso e ipotesi applicative

Quali condotte possono ritenersi mobbizzanti?

Lavoro MobbingSempre più spesso la tematica del mobbing sale agli onori della cronaca, anche se, in verità, le nostre Corti sono assai rigorose nell’elargizione di risarcimenti monetari a favore dei soggetti “mobbizzati”.

A tal proposito secondo la maggioritaria giurisprudenza il mobbing è una figura complessa, che designa un eterogeneo fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione e finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo(così Cass. civ. n. 18927/2012 e, più recentemente, Cass., sez. lavoro, 25.09.2014, n. 20230).

In base a tale definizione si possono comprendere agevolmente le ragioni per cui il mobbing viene riconosciuto con tanta difficoltà nelle aule di giustizia: il lavoratore che intenda agire nei confronti del proprio datore di lavoro imputandogli una condotta di mobbing deve infatti provare rigorosamente una serie di parametri, come consolidati dalla giurisprudenza, circa l’illiceità dei comportamenti prolungati nel tempo, l’evento lesivo sulla sua salute ed il nesso causale con i predetti comportamenti nonché, in particolare, la presenza del dolo qualificato come intento persecutorio ai sensi dell’art. 2087 del codice civile non essendo sufficiente l’allegazione di fatti accaduti nell’ambiente lavorativo e dallo stesso percepiti come potenzialmente lesivi della sua integrità psicofisica (così Trib. Foggia sez. lavoro 26.02.2014; Cass., sez. Lavoro, 21.01.2014).

A titolo esemplificativo è stato riconosciuto mobbing nei comportamenti ripetuti a connotazione sessuale o comunque basati sul sesso, da parte di superiori o colleghi, che offendano la degnità delle donne o degli uomini sul lavoro; ancora è stato ricondotto al fenomeno in esame il provvedimento con il quale l’azienda dispone il trasferimento del dipendente presso una sede secondaria della medesima non adeguatamente motivato così come il licenziamento ingiurioso, ossia privo di giustificazione e, per le forme adottate o per altre peculiarità, lesivo della dignità o dell’onore del lavoratore.

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