Assegno divorzile: le Sezioni Unite fanno chiarezza

assegno divorzioCassazione, Sezioni Unite, 11.07.2018, n. 18287

Come già rilevato in precedente commento, la cd. sentenza Grilli del maggio scorso (n. 11504 del 2017) aveva mutato la radicata concezione patrimonialistica del matrimonio, per condividerne un significato diverso e più attuale.

In particolare, secondo tale pronuncia, il matrimonio, inteso come atto di libertà e di autoresponsabilità dei coniugi, «si estingue non solo sul piano personale, ma anche su quello economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale». Il fondamento del parametro al quale rapportare l’adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente assegno e la possibilità-impossibilità di procurarseli è stato infatti ravvisato non più nel tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, bensì nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente assegno; se quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente “in grado di esserlo”, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto: l’attribuzione dell’assegno in questo caso sarebbe un illegittimo arricchimento perché fondato soltanto sull’esistenza di un rapporto matrimoniale ormai estinto.

Con la recentissima sentenza del 2018 (n. 18287 dell’11.07.2018) la Cassazione a Sezione Unite ha rivisitato nuovamente i criteri per l’assegnazione e la determinazione dell’assegno di divorzio spettante all’ex coniuge.

Nel caso di specie, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla ex coniuge ad impugnazione della sentenza della Corte di Appello che, aderendo all’orientamento del 2017, le negava il diritto di percepire l’assegno divorzile essendo economicamente autosufficiente.

Ciò che in questa sede rileva è il primo motivo di ricorso con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 5 comma 6, Legge n. 898/1970 (il secondo riguardava la violazione dell’art. 2033 cod. civ. con riferimento alla condanna alla ripetizione di quanto indebitamente versato).

Il giudice di legittimità, facendo leva sulla considerazione di ordine fattuale in base alla quale lo scioglimento dell’unione matrimoniale determina un deterioramento complessivo delle condizioni di vita del coniuge meno dotato di capacità reddituali, economiche e patrimoniali proprie, enuncia un nuovo principio da osservare ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio.

In particolare, secondo la Corte «il parametro sulla base del quale deve essere fondato l’accertamento del diritto ha natura composita, dovendo l’adeguatezza dei mezzi o l’incapacità di procurarli per ragioni oggettive essere desunta dalla valutazione, del tutto equiordinata, degli indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5 comma 6[1], in quanto rilevatori della declinazione del principio di solidarietà, posto a base del giudizio relativistico e comparatico di adeguatezza».

In questi termini l’adeguatezza assume un contenuto prevalentemente perequativo-compensativo non limitandosi al piano strettamente assistenziale o a quello dettato dal raffronto oggettivo delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, ma, al contrario, sul contributo effettivo apportato dal coniuge durante l’esistenza del vincolo matrimoniale.

Contributo inteso come frutto di decisioni comuni adottate in sede di costruzione della comunità familiare e riguardante tanto i ruoli endofamiliari, in conformità ai doveri previsti dal codice civile, quanto la formazione del profilo economico patrimoniale dell’altra parte, anche in relazione alle potenzialità future.

Secondo la Corte, una diversa interpretazione «produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte».

Come si evince dalla lettura della pronuncia, si tratta di un criterio composito ovvero di un criterio basato su criteri costituzionalmente garantiti che non cessano con il venir meno del vincolo matrimoniale. Difatti, ciò che permea nella nuova concezione è il principio di pari dignità, base del principio solidaristico, essendo le decisioni frutto di autodeterminazione e autoresponsabilità sulla base delle quali si fonda, ex art. 2[2]e 29[3] Cost., la scelta di unirsi e sciogliersi dal matrimonio.

In virtù delle considerazioni svolte, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha accolto il ricorso essendo la sentenza di secondo grado fondata esclusivamente sul criterio di autosufficienza economica, escludendo dalla propria indagine l’accertamento dell’eventuale incidenza degli indicatori concorrenti contenuti nell’art. 5 comma 6 della Legge n. 898/1970 ed in particolare quello relativo al contributo fornito dalla richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla conseguente formazione del patrimonio comune e personale dell’altro coniuge (l’accoglimento del primo motivo ha determinato l’assorbimento del secondo).

Alla cassazione della sentenza impugnata è conseguito il rinvio alla Corte di Appello, la quale si dovrà attenere al seguente principio di diritto:

“Ai sensi dell’art. 5 c.6 della L. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto“.

[1] L. n. 898/1970, art. 5 c. 6: Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

[2] Art. 2 Cost.: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

[3] Art. 29 Cost.: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

 

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